Tartufi, il Nero Pregiato ai nastri di partenza

Annata difficile sul Garda per la raccolta dei tartufi: la siccità che ha contraddistinto in modo piuttosto pesante il 2017 ha causato un vero e proprio crollo delle produzioni. Ad affermarlo il presidente dell’Associazione Tartufai Bresciani, Virgilio Vezzola, autodidatta, cercatore, esperto ricercatore che da anni segue in prima persona il particolare ed affascinante mondo dei tartufi.

“Purtroppo quest’anno l’assenza d’acqua ha creato molti problemi a tutte le specie, in quanto la siccità si è fatta sentire proprio nel momento della formazione – spiega Vezzola -. Le uniche speranze sono legate al Nero Pregiato, tartufo piuttosto diffuso soprattutto sull’Alto Garda grazie ai numerosi impianti di coltivazione che abbiamo realizzato a partire dagli anni ’90, che ormai rappresentano quasi il totale del raccolto in quanto la produzione spontanea si è drasticamente ridotta nel corso degli anni”.

Nel caso del Nero Pregiato, spiega Vezzola, sono risultate preziose le piogge arrivate ad agosto e settembre. “Abbiamo osservato in campo la presenza di corpi fruttiferi, che lasciano ben sperare per la raccolta, che comincerà come da tradizione intorno al 13 dicembre, giorno di Santa Lucia”.

Situazione poco entusiasmante invece per tutte le altre specie reperibili sul Garda: male le campagne dell’Estivo, con cali superiori all’80%, del Macrosporum, dell’Uncinatum. “Anche il Bianco Pregiato o Tuber Magnatum è sempre più raro – dice Vezzola – Al cercatore viene pagato fino a 2000-3000 euro al chilo, per finire sul mercato a 5000 o anche 8000 euro come è stato visto a Milano”.

In mancanza di prodotto locale, la maggior parte della materia prima in commercio, spiega Vezzola, arriva in particolar modo da Paesi come Romania o Albania, dove, precisa Vezzola, non è mai esistita una cultura della raccolta del tartufo.

“Il business adesso è arrivato anche lì: loro hanno molta produzione naturale a disposizione perché non hanno mai raccolto, ma di questo passo anche in quelle zone fra poco rischia di non rimanere più nulla, perché se si raccoglie in maniera indiscriminata il terreno dopo qualche anno smette di produrre. E questa è una regola che già molti vecchi tartufai conoscevano e seguivano”.

Da qui il ricorso alla coltivazione, che oggi in annate medie copre quasi il 90% dei volumi complessivi, con tartufaie che ricorrono anche agli impianti di irrigazione per scongiurare le incognite della siccità.

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