Mattia Vezzola: “Il futuro della Valtènesi? Lo vedo rosa”

“Sostengo da molti anni che la climatologia e l’unicità pedoclimatica della Valtènesi merita di essere comunicata al mondo con maggiore determinazione: e dopo un periodo di grandi sforzi sostenuti dal Consorzio, sta cominciando ad arrivare la conferma che il mercato stava effettivamente aspettando un’area storicamente vocata per i Rosè”.

Parola di Mattia Vezzola, leader di Costaripa, una delle insegne leader del territorio della Valtènesi, sulla sponda bresciana del lago di Garda: recentemente eletto Miglior Enologo dell’Anno dall’Associazione dei sommelier tedeschi nel corso dell’ultima edizione del Prowein a Dusseldorf (“E’ la quarta volta che mi viene assegnato questo titolo da diverse realtà ed associazioni e devo dire che è sempre un piacere”), il produttore gardesano, noto però anche per la sua lunga militanza in Franciacorta con la prestigiosa griffe Bellavista, non ha più dubbi sugli sviluppi a breve medio termine della viticoltura della Valtènesi. “Nel futuro della Valtènesi io vedo rosa in tutti i sensi – spiega -. La mappa del vino italiano è ormai definita, ed è chiaro a tutti quali sono le migliori zone di produzione per i rossi, per i bianchi, per i vini effervescenti, persino per quelli da dessert. La Valtènesi è destinata a colmare il vuoto per quanto concerne l’identificazione di un territorio da rosè. Il consumatore del resto è sempre più intelligente ed informato, e quindi sceglie non solo secondo il piacere ma anche secondo la vocazionalità: e la Valtènesi come terra di rosè non è un’invenzione di marketing, perché esiste almeno dal 1896. Per cui quello che dico a tutte le persone, gli amici, i clienti con i quali discuto di vino è questo: se volete un rosè, scegliete un Valtènesi Rosè”.

Già, avete capito bene. Rosè. Non Chiaretto. “Mi spiace ma il termine Chiaretto non lo uso più. Troppo difficile investire tempo per spiegare che alla fine il Chiaretto altro non è se non un rosè. Senza pensare che un importatore, ad esempio, deve impiegare le medesime energie per spiegare lo stesso concetto ad un suo consumatore. Ed allora io dico: perché non utilizzare un concetto internazionale, già noto e palese a tutti, puntando piuttosto sulla valorizzazione dell’area di provenienza, ovvero Valtènesi?”

Costaripa produce oggi 130 mila bottiglie di Valtènesi Rosamara: una produzione praticamente duplicata nell’ultimo quinquennio, cui se ne aggungono 90 mila di Brut Rosè, per un totale di 220 mila su una produzione complessiva di 430 mila “pezzi” circa. “Siamo già al 50% ma l’obbiettivo è arrivare a 500 mila bottiglie di cui almeno il 70% di rosè, perché questa è la percentuale necessaria perchè l’azienda sia identificata correttamente dal mercato”. Gli indicatori economici confermano del resto che la strada del “drink pink” è quella giusta: le vendite dei rosè Costaripa, nei primi mesi del 2015, hanno conosciuto un’impennata del 61%, mentre l’export negli States è decollato dalle 200 casse di quattro anni fa alle attuali 1500.

“C’è un luogo comune nel mondo del vino secondo il quale nessuno produce uve rosse di alta qualità per fare un rosè: a meno che la spinta non arrivi dalla storia e dalla vocazionalità, proprio come accade in Valtènesi. Laddove non ci sono questi fattori, si fa solo un colore, non un vino. Prendiamo la Provenza, che in 25 anni è passata da 65 a 220 milioni di bottiglie di rosè: è successo perché fanno un prodotto straordinario, dettato da una vocazione che è essenziale per fare un grande vino con costanza. Ed io sono pronto a scommetterci: nel giro di una generazione la rivoluzione rosa arriverà anche da noi”.

 

La bottiglia.

 

Il Costaripa Rosè “Rosamara”, naturalmente. Da bere, consiglia il maestro Vezzola, “ovunque ci sia acqua: in riva al lago, durante una gita in barca, nei weekend di relax a bordo piscina. Tutte situazioni in cui, ora che arriva l’estate, non può esserci nulla di meglio di un bicchiere di rosè”.

 

Costaripa

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