Selva Capuzza, il vino del silenzio

Un luogo per riposare lo spirito ed arricchire i sensi. Per ritrovare il fascino di un tempo perduto, che qui ancora scorre con ritmi ormai dimenticati, ma anche per perdersi nella quiete di un territorio che ha saputo mantenere integrità antiche. Siamo a San Martino della Battaglia, una delle zone più belle dell’entroterra del Lago di Garda: un’area dove trionfano vigneti ed uliveti, protagonisti principali di splendidi paesaggi, segnati da silenzi ed atmosfere sospese che sanno ancora rimandare ad una storia ricchissima di eventi e vicende cruciali.

Cascina 2

E’ qui l’oasi di Cascina Capuzza, una tenuta di 40 ettari tra vigneto, bosco, prati e tartufaia, dove si produce vino fin dal 1908: dalla metà degli anni ’70 è nelle mani della famiglia Formentini, che per prima introdusse il Lugana in una zona fino ad allora nota soprattutto per la produzione di Tocai per la doc San Martino. Non solo: la Cascina fu anche la prima struttura ad ottenere la licenza agrituristica in Lombardia, nel 1985. Oggi, Capuzza è sinonimo di una proposta ricca di sfaccettature: una sintesi tra vino, cibo, ospitalità e cultura armonizzata dalla sensibilità di Luca Formentini, che guida l’azienda di famiglia da ormai una decina d’anni. Conosciuto per il suo ruolo di presidente del Consorzio Lugana, ma anche come musicista d’avanguardia e di ricerca con una lunga carriera e molteplici collaborazioni prestigiose alle spalle, Luca è l’anima di un “polo” nel quale i differenti elementi sono accordati secondo una visione comune, proprio come gli strumenti nell’esecuzione di una partitura.

Luca Formentini

Dai 20 ettari di vigna accorpati intorno alla cantina arrivano vini prodotti esclusivamente con vitigni autoctoni e tradizionali della zona come il Turbiana, il Groppello, il Tuchì (l’ex-Tocai così battezzato dopo che l’”esclusiva” del nome è stata riservata unicamente all’Ungheria): circa 420 mila bottiglie tra Lugana, Garda Classico e San Martino, legate tra loro dalla vocazione all’autenticità, all’espressione rigorosa di quel che questo territorio è e può dare. C’è, alla base di tutto, una sorta di attitudine all’indipendenza dai diktat del mercato, che in fondo si ritrova anche nella proposta di ospitalità dell’agriturismo Borgo San Donino, 11 appartamenti ricavati dalla ristrutturazione di un antico borgo cresciuto intorno ad una chiesa databile intorno al 1300, tuttora consacrata e visitabile all’interno della tenuta.

Chiesa di San Donino

Nelle stanze non c’è televisione: una scelta precisa che vuole essere un invito a vivere il luogo, a godere della quiete e del silenzio nel segno di una semplicità che domina anche la cucina del ristorante della Cascina, dove si predilige una proposta gastronomica in cui siano le materie prime a parlare più che le elaborazioni del cuoco. Il menù cambia con le stagioni, offre pesce di lago per almeno una serata alla settimana, ma anche tanti piatti a base di verdure per chi vuol costruirsi un pranzo o una cena senza ricorrere alla carne ed alle grigliate. A tavola, naturalmente, i vini Selva Capuzza: i Lugana, ma anche il San Martino della Battaglia Campo del Soglio, divenuto ormai un simbolo della lotta per la difesa di questa minuscola  Doc dal rischio di estinzione. E poi i Chiaretti, etichette di particolare pregio come il magnifico Garda Classico Superiore Mader, uno dei rossi più sorprendenti e piacevoli che vi può capitare di bere sul Lago di Garda, gli spumanti (un Lugana Metodo Classico ed un Garda Rosè metodo Martinotti che recuperano il vecchio marchio Hirundo) per concludere con il Lume, un piccolo e delizioso passito fatto con le stesse uve Tuchì del San Martino.

“Fin dalla scelta grafica delle etichette cerchiamo di non alterare la realtà, di non tentare di sedurre con qualcosa che non sia esattamente l’identità del nostro vino – racconta Luca Formentini -. Abbiamo cercato di dare vita a prodotti perfettamente leggibili, che in fondo si rispecchiano in questo luogo fatto di spazi intenzionalmente lasciati ad uno  stato un po’ selvatico. Non ci interessa il finto, non adattiamo i nostri prodotti al mercato: vogliamo dialogare con il consumatore offrendoci per quello che veramente siamo e lasciando che i vini che produciamo esprimano appieno la loro identità”.

Indicativo di questa filosofia lo slogan “Proteggiamo il sapore di questi luoghi”, che sempre per questa volontà di dare coerenza alla proposta complessiva della Cascina, si collega alle tante iniziative culturali messe in cantiere da Formentini per raccontare la storia così tragica ed intensa di questo luogo, simboleggiata dalla torre di San Martino che sorge proprio a due passi. O ad una sensibilità ambientale declinata in tante scelte impegnative. “Non siamo bio, ma facciamo molto per la difesa della biodiversità, non pratichiamo il diserbo da anni e non utilizziamo insetticidi – racconta Formentini -. Ci preoccupiamo inoltre dell’impatto delle diverse fasi di produzione, scegliendo  fornitori il più possibile di prossimità, e poniamo grande attenzione al peso del vetro, uno degli aspetti che più inquina nel campo della filiera produttiva: le nostre bottiglie devono garantire che il vino possa essere consumato in maniera ottimale in tutto il mondo, ma con il minor peso indispensabile”.

Fortemente simbolica anche la scelta di non abbandonare mai la Doc San Martino, che un tempo, prima del grande boom del Lugana, in questa zona era predominante. “Per molti anni siamo stati gli unici a produrre questo vino – spiega Formentini -. E il nostro sforzo ha portato alla riscoperta di un vino che non è certo in competizione con il Lugana perché si tratta di due prodotti che giocano su piani completamente differenti”.

E nell’idea di preservare il patrimonio locale rientra anche la decisione di acquisire, tre anni fa, lo storico marchio Visconti, azienda capostipite del Lugana, la prima a mettere il nome in etichetta fin dai primi del ‘900. “Anche in questo caso abbiamo scelto di proteggere un patrimonio importante del territorio che rischiava di andare perduto. Oggi abbiamo presentato lo studio per un rinnovamento dell’immagine Visconti, per continuare a dare al marchio la sua dignità in un’armonizzazione con la filosofia Selva Capuzza, pur nella netta differenziazione dei due prodotti”.

Insomma, una moltitudine di suggestioni sotto un unico comun denominatore, per fare esperienza di un Garda diverso, da assaggiare oltre che da vivere.

 

La bottiglia.

 

I Lugana sono d’obbligo. Ma la chicca resta il Campo del Soglio, il vino che prende il nome dal toponimo, San Martino della Battaglia, appunto. Finezza imprescindibile, aromaticità sorprendente, grandissima eleganza: è la forza anomala del Tuchì, il vitigno che ha riguadagnato la sua antica denominazione dialettale dopo esser rimasto senza nome per alcuni anni a seguito delle disposizioni comunitarie. Da qui il punto interrogativo che ancora troneggia in retro-etichetta.

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